In Italia molti esercenti non rispettano le leggi. Ė quanto emerge dallo studio Venduti ai minori, condotto su un campione di 2.123 ragazzi tra i 10 e i 18 anni non compiuti. L'indagine è stata portata avanti dal MOIGE in collaborazione con l’Istituto Piepoli per analizzare il fenomeno della vendita ai minori di prodotti vietati o inadatti.
I dati globali della ricerca
I risultati dello studio Venduti ai minori delineano un quadro complesso delle interazioni tra giovani e beni o servizi soggetti a limitazioni di età. Il 53% dei locali che somministra alcolici risulta aver venduto bevande anche a minori in condizioni di alterazione, dato che suggerisce una applicazione non uniforme delle verifiche previste dalla normativa. Situazione analoga emerge per la vendita di tabacco: nel 60% dei casi non viene chiesto un documento, indicando una variabilità nelle procedure di controllo adottate dai rivenditori.
La percezione del rischio da parte dei minori appare eterogenea. Il 46% ritiene che un gioco moderato con vincita in denaro non comporti pericoli significativi, un dato che riflette una sottovalutazione delle possibili conseguenze o una differente interpretazione del concetto di “pericolo”. Parallelamente, il 44% dichiara di aver visto contenuti pornografici, elemento che indica una esposizione non episodica a materiali non destinati ai minori.
Sul fronte della consapevolezza dei fenomeni illegali, emerge che solo il 30% conosce in modo corretto la definizione di merce contraffatta. Questo dato evidenzia una informazione parziale o incompleta su un tema rilevante dal punto di vista legale ed economico.
Nel loro insieme, i risultati mostrano una duplice dinamica. Da un lato, la presenza di controlli non sistematici da parte di alcune attività che operano in settori regolamentati; dall'altro, livelli disomogenei di conoscenza tra i minori sui rischi e sulle implicazioni legate a specifici comportamenti di consumo. I dati non indicano necessariamente un comportamento intenzionale da parte degli esercizi commerciali né un’incoscienza generalizzata dei minori, ma suggeriscono un sistema di regole applicato in modo non uniforme e una informazione non sempre adeguata rispetto alle sfide poste dai prodotti vietati o regolamentati.
Minori consapevoli dei rischi, ma la percezione della gravità cala
I risultati mostrano un quadro articolato del rapporto tra minori e gioco con vincita in denaro. La maggioranza degli intervistati (81%) riconosce che il gioco frequente può avere conseguenze negative, ma solo il 46% ritiene che tali conseguenze possano essere serie o permanenti. Il dato era 83% nel 2023, segno di una percezione del rischio in calo.
Nelle singole valutazioni emergono differenze significative. La perdita di controllo è considerata grave dal 59%, il rischio di povertà dal 34%, mentre solo il 7% riconosce un impatto sulla vita quotidiana. È una lettura parziale delle conseguenze, concentrata soprattutto sugli aspetti economici.
Sul piano normativo, la conoscenza del divieto è ampia: l’83% sa che il gioco è vietato ai minori di 18 anni. Rimane però una quota che mostra incertezza, con il 17% che attribuisce soglie diverse o pensa che non esistano divieti.
L'esperienza diretta non è trascurabile. Il 29% dei minori è entrato almeno una volta in una sala da gioco e nel 72% dei casi lo ha fatto con i coetanei, segnale di una familiarità crescente con gli spazi fisici del gioco.
Accanto a queste criticità compaiono elementi di consapevolezza più avanzata. L’85% considera utili limiti di spesa o di tempo e il 68% conosce il divieto di accesso alle sale, indicando una predisposizione verso meccanismi di protezione.
Il gioco online presenta vulnerabilità differenti. Il 12% dichiara di aver giocato almeno una volta e nei siti non regolamentati emergono falle significative: nel 30% mancano avvisi sui divieti, nel 34% non viene chiesta l’età durante la registrazione e nel 47% i minori accedono inserendo dati non veritieri. È una criticità strutturale dei controlli digitali.
Nel complesso, i dati mostrano una combinazione di conoscenze normative diffuse, accesso non occasionale agli spazi e alle piattaforme di gioco e una sottostima delle conseguenze più rilevanti, che incide sulla percezione del rischio.
Videogiochi sempre più presenti nella routine digitale dei minori
I dati relativi ai videogiochi vietati ai minori mostrano una diffusione ampia dell’attività, con intensità e modalità di fruizione diverse. Solo il 25% afferma di non utilizzarli mai, mentre una parte consistente del campione dedica al gioco circa un’ora al giorno (40%), un valore che colloca questa pratica nelle attività quotidiane ricorrenti.
La componente online è predominante. Il 75% gioca collegato alla rete e, all’interno di questo gruppo, il 40% lo fa con continuità, dichiarando di giocare “sempre” o “spesso” in modalità online. Le modalità di interazione sono distribuite in modo equilibrato: il 36% gioca da solo, un altro 36% con amici collegati a distanza, mentre il 20% lo fa in presenza. Una quota ridotta (3%) interagisce con sconosciuti, elemento che, pur marginale, indica una certa esposizione a dinamiche sociali non controllate.
Le preferenze di gioco si concentrano principalmente su due generi: azione e avventura (43%), che raccolgono quasi metà degli interessi, e i giochi sportivi (22%). Sono categorie che implicano differenti modalità di coinvolgimento e livelli di competitività, ma che nel complesso rappresentano l’offerta più popolare tra i minori.
Per quanto riguarda i dispositivi utilizzati, lo smartphone risulta il più diffuso (42%), seguito dalle console per videogiochi (38%). Questa distinzione suggerisce un accesso al videogioco che combina modalità “portatili” e utilizzo domestico strutturato, con differenze nelle dinamiche di gioco e nelle possibilità di controllo da parte degli adulti.
Nel complesso, i dati delineano un’attività presente nella quotidianità di molti minori, con una forte componente online, un uso diversificato dei dispositivi e un modello di fruizione che coinvolge sia interazioni individuali sia sociali.
Il parere degli esperti
Antonio Affinita, direttore generale del MOIGE ha dichiarato che «Come genitori, auspichiamo più controlli, sanzioni più severe, ed una norma adesso inesistente che metta il divieto ai minori per videogiochi sopra i 18 anni» . Secondo il suo parere la necessità è quella di «rafforzare controlli e sanzioni, ma anche promuovere una responsabilità collettiva: famiglie, scuole, istituzioni e operatori economici devono collaborare per diffondere una cultura della legalità e della prevenzione».
Per Maria Teresa Bellucci, Vice ministro del Lavoro e delle politiche sociali «La tutela dei minori non è soltanto un dovere istituzionale, ma una missione che chiama tutti a raccolta per costruire un futuro a misura dei sogni dei più piccoli. Come Governo siamo impegnati nel promuovere una crescita sana e consapevole delle giovani generazioni, attraverso la prevenzione, l’inclusione, l’ascolto e il sostegno».
Marianna Madia, Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza afferma che «È fondamentale non ignorare il crescente disagio giovanile, che può avere conseguenze serie sulla salute fisica e mentale. Oggi ragazze e ragazzi affrontano pressioni e difficoltà che, se trascurate, possono generare conseguenze significative sulla loro salute fisica e mentale. È nostro dovere ascoltare, riconoscere e intervenire tempestivamente, affinché nessun giovane si senta solo o privo di sostegno».
Massimiliano Pucci, Presidente AS.TRO - Confindustria SIT è del parere che «Il divieto di gioco ai minori di 18 anni è un punto di partenza necessario, ma non sufficiente a garantire una reale protezione dei minori, così come accade in tutti i settori che trattano prodotti sensibili».
In generale sono tutti concordi sul fatto che siano necessari più controlli, ma anche più informazione e senso di responsabilità. Occorre, però, fare in modo che alle parole seguano i fatti per contrastare il fenomeno.
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