La trasformazione del gioco in Italia non è solo un effetto della tecnologia. È il risultato di una mutazione economica profonda che ha reso obsoleto il modello di agenzia fisica. In cinque anni, il canale online è cresciuto del 153%, mentre quello terrestre ha perso il 12%. Più di quattromila agenzie chiuse, migliaia di posti di lavoro scomparsi e un equilibrio di mercato ribaltato.
L’inadeguatezza del modello fisico
Ogni punto vendita tradizionale vive di costi fissi elevati e margini compressi. Affitto, personale, manutenzione, imposte locali: l’entità dei costi non si riduce quando i volumi calano.
Il gioco online, al contrario, si fonda su un modello di costi prevalentemente variabili. Dopo l’investimento iniziale in infrastruttura digitale, infatti, ogni nuovo utente incide in misura minima sui costi complessivi ma contribuisce all’incremento della redditività totale.
Di conseguenza, a causa di questo forte dislocamento dei volumi verso il digitale, la sostenibilità economica dei punti vendita tradizionali si riduce progressivamente: i ricavi calano, ma la struttura dei costi resta invariata, erodendo i margini fino a renderli negativi.
Il collasso in cifre
Nel 2024 il mercato italiano ha registrato una raccolta complessiva di 157,4 miliardi di euro, in crescita del 42% rispetto al 2019, ma la spinta arriva solo dal digitale. Il retail si è contratto nonostante la domanda complessiva sia rimasta stabile, confermando che gli utenti non hanno smesso di giocare, hanno semplicemente cambiato ambiente.
Secondo ADM e CGIA-As.Tro, oltre 8.400 esercizi hanno cessato l’attività negli ultimi anni (2019-2024). Il settore fisico resta ancora l’asse portante dell’economia del gioco (solo AWP/VLT rappresentano il 45,6% delle entrate fiscali totali del gioco in Italia) tuttavia i dati sembrano suggerire che sia destinato a diventare un segmento marginale.
Online e Fisico: un divario tecnologico incolmabile
Le piattaforme digitali non sono più semplici bookmaker, sono ecosistemi di intrattenimento. Integrano AI predittiva, gamification, realtà aumentata, live streaming, bonus benvenuto e programmi fedeltà, offrendo un’esperienza dinamica, personalizzata e continua.Confrontare un’agenzia con una piattaforma è come paragonare un videonoleggio a Netflix.
Il punto vendita tradizionale offre una transazione isolata: entri, giochi, esci. L’online invece costruisce un percorso esperienziale che genera coinvolgimento, retention e dati. Il tempo medio di permanenza su una piattaforma è decine di volte superiore a quello trascorso in agenzia.
Capitale in migrazione: il digitale conquista gli investitori
Il vantaggio economico del canale online è strutturale. La European Gaming and Betting Association (EGBA) stima per il 2029 un GGR europeo di 149,2 miliardi di euro, con una quota del 45% proveniente dall'online.
Questo dato viene confermato dall'interesse crescente dei “big” del settore che stanno privilegiando gli operatori digitali poiché offrono ROI più alti, scalabilità illimitata e costi marginali minimi.
Parallelamente in Italia, il recente riordino delle concessioni online - un totale di 52 distribuite tra 46 operatori - ha anticipato un processo destinato a premiare solo le grandi realtà del gambling. I piccoli concessionari, di fronte a margini sottili e compliance sempre più onerose, sono stati “esclusi” dal bando online, lasciando spazio esclusivamente ai colossi del gioco online.
La desertificazione territoriale
Ogni agenzia che chiude rappresenta un presidio di legalità in meno. L’effetto combinato di restrizioni territoriali e contrazione economica ha svuotato il tessuto locale di un comparto che garantiva occupazione e controllo.
La perdita non è solo economica. Il presidio fisico serviva a intercettare e gestire comportamenti a rischio, a formare operatori, a costruire un rapporto umano tra cliente e gestore.
In questo contesto, le opzioni strategiche per il retail si riducono a tre.
- La prima è il pivot omnichannel: trasformare il punto fisico in estensione di una piattaforma, integrando account, bonus e servizi digitali.
- La seconda è la specializzazione di nicchia, puntando sull'esperienza sociale - eventi sportivi in diretta, scommesse dal vivo, community locali - che il digitale non può replicare.
- La terza è l’exit strategy controllata, con dismissione programmata e conversione delle licenze in asset digitali per altri stakeholders. In ogni scenario, la sopravvivenza dipende dalla capacità di innovare in un ecosistema dove la fisicità è un valore residuale.
Boom fiscale, crisi retail
Sul piano istituzionale, il gettito fiscale da gioco resta elevato - 11,6 miliardi di euro nel 2024, secondo ADM - ma la sua composizione cambia. La crescita dell’online sposta il baricentro del prelievo verso il livello centrale, riducendo le entrate locali e le possibilità di controllo territoriale.
Il Ministero dell’Economia prevede 14,5 miliardi di entrate per il 2027, segnale di un mercato destinato a consolidarsi attorno a pochi operatori. Senza una revisione del quadro normativo, la desertificazione del retail sarà completa entro pochi anni, con conseguenze occupazionali e fiscali importanti.
Il digitale ha vinto non perché più aggressivo, ma perché più efficiente
Per mantenere equilibrio tra controllo e innovazione, il legislatore dovrà adottare una logica di governance organica: regole coerenti tra livelli istituzionali, tutela dei soggetti vulnerabili e incentivi alla riconversione delle reti fisiche. Un sistema che genera valore e occupazione va gestito, non lasciato in preda ad uno stravolgimento incontrollato.