Il futuro del commercio in Italia è a forte rischio. Questo è quanto emerge da una ricerca condotta da Confcommercio che ha analizzato le tendenze nel periodo 2012-2024, mettendo in luce come nei prossimi dieci anni molte attività siano destinate a sparire.
L’analisi di Confcommercio evidenzia il declino dei bar, cardine della vita di quartiere
Secondo l'analisi condotta da Confcommercio, entro il 2035 si assisterà a una rapida sparizione delle attività commerciali. Tra queste, i bar sono quelle a più forte rischio. Queste attività, nel periodo 2012-2024 sono diminuite del 19,1%, scendendo da 127.500 a 103.100 attività e il loro numero è destinato a diminuire ulteriormente, con una contrazione del 17,7% entro il 2035. Questa crisi non arriva improvvisa, ma è frutto di una contrazione dell'intero settore commerciale, tuttavia, proprio per la sua peculiarità, il bar merita un capitolo a parte.
Il bar è sempre stato visto come «il condottiero del commercio», poiché permette aggregazione e conferisce una sorta di sicurezza al quartiere che finisce per irradiarsi anche sulle altre attività commerciali. Sono tante le zone che si sono sviluppate attorno a questa struttura. Solitamente, quando i bar chiudono, tutto il quartiere ne risente, perdendo molta della sua stabilità.
Il report analizza anche la differenza tra bar e ristorante. Quest'ultimo ha logiche di orari e aggregazione differenti e non può sostituire una struttura che «fa compagnia» agli avventori nell'arco dell'intera giornata.
La chiusura dei bar indebolisce la vita urbana
Secondo il report, entro il 2035 ci sarà un calo del 17,7% dei bar. Si esclude una ripresa di tale attività. Secondo Confcommercio, tale desertificazione porterà per forza di cose a un indebolimento complessivo della vita urbana. Infatti, con meno centri di aggregazione, finiranno per sparire tutte le attività a esse connesse, compresi i circoli e altri luoghi di aggregazione come i parchi.
Il degrado degli spazi pubblici è uno dei rischi connessi all'abbassarsi delle serrande. Il report di Confcommercio segnala che i comuni con la maggiore densità commerciale sono in larga parte nel Mezzogiorno, ma anche qui la direzione resta discendente.
C'è poi un aspetto che Confcommercio non considera nel suo rapporto, ma che emerge dai dati EGP-FIPE: i bar rappresentano una parte essenziale della rete fisica del gioco pubblico legale.
Meno pubblici esercizi, più spazi per l’illegalità nel gioco
Secondo un rapporto di EGP-FIPE su dati ADM e Infocamere, nel 2024 i pubblici esercizi che ospitano giochi sono 31.088. L'analisi regionale rivela che la Lombardia è prima in questa statistica. Infatti, sono 5.161 le attività che ospitano giochi (16,6%). Al secondo posto troviamo la Campania con 3.026 (9,7%), seguita dal Veneto con 2.695 (8,7%), dal Lazio con 2.607 (8,4%) e dall’Emilia-Romagna con 2.566 (8,3%).
Un'analisi comparata tra i dati di Confcommercio ed EGP-FIPE, fa risaltare un aspetto molto sottovalutato: la chiusura dei bar crea un problema anche nel gioco legale. Meno punti dove installare apparecchi regolari portano per forza di cose a un aumento dei centri di gioco illegale. Ciò porta a un maggior pericolo per i giocatori, paradossalmente proprio nel momento in cui lo Stato punta ad avere canali controllati, tracciabili e presidiati per contrastare l’illegalità.
Si tratta di un problema che Concommrercio non considera, ma che è evidente per gli esperti del settore ludico. Proprio per questo, la questione relativa alla chiusura dei bar diventa un tema non solo commerciale e sociale, ma anche legale che non può essere ignorato. Occorrono, al contrario, soluzioni per fronteggiare una situazione che avrà ripercussioni importanti in più settori.
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